Progetto riguardante la giustizia riparativa: l’opinione degli alunni

Al di dei nostri pregiudizi

La classe 5°SA ha avuto l’occasione di partecipare ad un progetto sulla giustizia riparativa che ha fatto riflettere gli studenti sull’importanza di un sistema penitenziario maggiormente orientato a ricostruire un nuovo rapporto tra colui che è stato in carcere e la collettività. In quanto studenti di diritto, abbiamo sempre sentito parlare di legalità, giustizia, carceri e detenuti ma non eravamo pienamente consapevoli del fatto che esiste un altro punto di vista, un’altra concezione del sistema penitenziario ovvero la giustizia riparativa. In seguito alla lettura del libro “Ragazzi cattivi” ad opera di Don Claudio Burgio, la classe ha partecipato ad un incontro con l’ente no profit Libra che, oltre ad averci permesso di approfondire maggiormente la differenza tra giustizia tradizionale e giustizia riparativa, ci ha aiutati a riflettere sull'importanza dei bisogni della vittima spesso trascurati all’interno del processo. Inoltre gli studenti hanno preso parte al primo livello di “Prison of Peace” che ha fatto comprendere a quest’ultimi la differenza che sussiste tra l’ascolto attivo e il sentire. “Prison of Peace" che tradotto significa prigione di pace, è nato negli anni 2000 dalla necessità di rendere il carcere un luogo privo di conflitti e violenze che erano all’ordine del giorno tra i carcerati. In seguito all’incontro con Libra, abbiamo avuto il piacere di assistere ad una lectio magistralis tenuta dalla professoressa Vezzadini, che ci ha spiegato di come non solo il detenuto subisca un processo di stigmatizzazione ma anche la vittima stessa e di come la giustizia riparativa si fa realmente carico dei bisogni di quest’ultima. La professoressa ha infatti fatto l'esempio di come la giustizia riparativa, a differenza di quella tradizionale, è rappresentata con una donna che vede, pronta a restituire dignità e rispetto e con un ago e un filo, pronta a riparare i danni che l'individuo ha causato alla collettività e a cucire le ferite della vittima.

La classe ha avuto inoltre l’occasione di visitare la casa circondariale di Mantova e di dialogare con il personale della struttura: grazie ad un’educatrice e ad una professoressa, abbiamo compreso l’importanza dell’istruzione, dei progetti e delle attività rieducative, che permettono agli individui di migliorare sé stessi e uscire dal carcere con una certa “libertà interiore” dovuta al fatto che quell’esperienza li ha potuti aiutare. Un secondo incontro nella casa circondariale si è tenuto verso la fine di maggio e gli ospiti della struttura, in seguito ad un progetto di scrittura e poesia, hanno esposto a noi studenti alcune loro produzioni veramente toccanti che esprimevano la voglia di rivedere i propri cari e a volte anche con ironia, la loro vita all’interno del carcere.

 

Un progetto che ci ha fatti crescere
Grazie a questa iniziativa portata avanti durante tutto l’ultimo anno scolastico, io e i miei compagni di classe, oltre ad aver approfondito sul piano storico, sociologico e giuridico la giustizia e la legalità, abbiamo demolito i nostri pregiudizi nei confronti del sistema penitenziario, abbiamo compreso che è possibile migliorare la situazione che coinvolge le strutture penitenziarie e soprattutto abbiamo capito che errare è umano e la società stessa ha un ruolo fondamentale nel reintegrare il soggetto. Gli incontri con gli ospiti della casa circondariale hanno insegnato alla classe che dietro ogni errore c’è una persona, con le proprie fragilità e un passato alle spalle. Abbiamo dunque imparato a guardare oltre l’etichetta di “detenuto” e di “vittima” capendo inoltre che la rieducazione e il lavoro rappresentano strumenti essenziali affinché gli ospiti delle strutture carcerarie possano ritrovare consapevolezza e siano fieri del loro percorso di miglioramento e crescita al termine della detenzione.

Un’iniziativa da riproporre
La nostra classe è stata molto fortunata ad avere degli insegnanti e una preside che ci hanno concesso di partecipare a questo innovativo progetto, consentendoci di maturare e diventare più consapevoli del ruolo che noi studenti ma in primis cittadini, abbiamo all’interno della collettività: reintegrare e accettare coloro che hanno sbagliato ma sono riusciti a cambiare, ritrovando la propria “libertà interiore”.

 

A cura di Carolina Dall’Era, studentessa della classe 5°SA